Affrontare il restauro di un piatto di grandi dimensioni non è mai facile. Le complicazioni vanno dallo stoccaggio, dal tavolo di lavoro, dai materiali e loro tenuta, e anche, semplicemente, dalla movimentazione. Vista la complessità del piatto, e il peso, ho optato per un incollaggio moderno con resina epossidica. Credo che sia dovere del restauratore non fossilizzarsi su una tecnica ma decidere, volta per volta, quella più consona: moderno e antico possono fondersi bene e venirsi reciprocamente in aiuto.
L’uso della resina epossidica mi ha permesso di controllare meglio la tenuta: per tutte le altre fasi ho dovuto costruire un muro apposta di grandi dimensioni, non perfetto in quanto a stabilità di temperatura e umidità e questo avrebbe potuto compromettere la colla (MUGI Urushi)
The Unbreakable è la campagna di Toyota Italia per le Olimpiadi di Tokyo 2020 che segue la campagna di comunicazione “Start Your Impossible” lanciata nel 2017.
The Unbreakable nasce nel febbraio 2019 dalla creatività dell’agenzia The&Partnership Italia; dopo un anno di lavoro, studio attento dei dettagli, ieri, 3 marzo, è stato pubblicato il sito The Unbreakable: le storie impossibili.
Doroppu è una ceramica che si infrange a terra e cadendo si rompe in mille pezzi.
Sono gli atleti del Toyota Team a farla cadere, e nel cadere raccontano le loro difficoltà, la strada in salita, quel momento dove hanno pensato di non farcela.
Le mie mani sono la ricomposizione, le mie mani raccolgono, mettono insieme, lentamente, con il tempo della lacca urushi e l’oro del Kintsugi, i Doroppu; così le vite dei campioni tornano a splendere, nuovi nella dorata fragilità.
Unici, come si è dopo aver cambiato strada e aver ritrovato il proprio centro.
L’arte Kintsugi tradizionale Kintsugi è una tecnica antica giapponese, risale alla fine del 1400. Utilizza materiali della tradizione, lacca urushi, farina, tonoko e polvere d’oro, o polvere d’argento (Gintsugi).
Così com’era, così si usa ora, rispettando tempi e pazienza, con utensili e materiali che negli anni sono rimasti invariati. E questo non per mancanza di progresso ma per rispetto, rigoroso e sacro, della tradizione.
Le fasi di lavorazione partono dall’incollaggio dei cocci, con lacca urushi e farina di riso, Nori urushi, con un tempo di attesa di 5-6 giorni nel muro, un ambiente a 25° e a 80% di umidità, che permette alla lacca di polimerizzare.
Dopo una settimana si passa alla stuccatura delle linee di rottura, con Ki urushi e tonoko. Al contatto con l’aria, la pasta ottenuta assume un colore scuro, che resterà tale anche dopo la polimerizzazione nel muro, 5-6 giorni, 25° e 80% di umidità.
Le stuccature possono essere numerose, così come la carteggiatura ogni volta più precisa e raffinata, e ogni volta che passo a una nuova stuccatura devo mettere in conto i giorni della polimerizzazione.
Al termine di questo procedimento, che ha svariati gradi di personale perfezione, sulle linee di rottura ben definite, passo con il pennello la lacca nera, kuro urushi, che serve a impermeabilizzarle e a renderle ancora più precise.
Ora si comincia a vedere delineato il disegno che la rottura ha creato, il fluire delle fratture che raccontano un oggetto nuovo.
È questo il tempo per prepararsi all’oro, con una superficie liscia, uniforme e resistente all’acqua.
Con un pennello di setola animale si ricoprono le linee di rottura con bengara urushi, lacca urushi rossa, e si attende un tempo non definito, ma legato alla sensibilità dell’artista, prima di deporre la polvere d’oro.
È un tempo importante, forse il più importante di tutta la lavorazione. Un tempo che arriva con la pratica e l’uso, che non si può spiegare se non con tentativi e fallimenti. Arriva il giorno in cui l’occhio intuisce quando il rosso vira di colore ed è pronto per l’oro.
Non bisogna dimenticare che anche in questa parte di lavoro occorre riporre l’opera nel muro, che sempre determina i tempi con la temperatura e l’umidità corrette. Senza, il lavoro sarebbe perso.
E all’ultimo l’oro.
Oro in polvere che lentamente si deposita sullla lacca e alla lacca aderisce penetrandone in profondità. Più polvere si aggiunge, maggiore sarà la lucentezza che verrà esaltata dal wata, cotone di seta, da strofinare con delicata decisione.
Le nuove forme sono delineate, l’oro è il segno del tempo passato, di ciò che si è rotto per essere riparato, la forza del non cedere, il coraggio del presente.
Il Kintsugi è compiuto.
Lavorare a The Unbreakable è stata una grande esperienza e lavorativa e umana.
Oltre al restauro Kintsugi delle opere Doroppu, ho impersonato me stessa nelle scene video. Ho avuto modo di vedere da vicino gli atleti per i quali ho creato le opere, ascoltare le loro storie, le rotture e le rinascite.
Il Doroppu ora porta con sè la storia della sua rottura, la storia del campione che ha voluto raccontarla.
Ivan Federico
“Se non cadi, non hai evoluzione”
Immagino per lui che è campione di skateboard, linee morbide con diverse filature.
Immagino la linea che lascia lo sci nella neve.
Immagino un centro, una radice da cui diparte un reticolo.
La rottura è una crescita.
Andrea Pusateri
"Ho imparato che per ogni cosa bella ne accade una brutta.
E di nuovo una bella."
Immagino per lui un pezzo mancante dorato che rappresenti la sua mamma la cui perdita è forza. Senza quel pezzo dorato non si tengono uniti i cocci.
Metto la parte mancante dalla parte del cuore.
Gabriele Detti
Linee orizzantali, come onde del mare. Sinuose, alcune grandi e altre piccole.
Immagino un braccio, un muscolo grande e uno piccolo. Come una vena
Simona Quadarella
Tante piccole rotture, filamenti molto fini, un reticolo.
Racconta la sua forza fragile, determinata ma attaccata dalle difficoltà.
Una parte grande davanti, per lei le rotture sono quasi invisibili.
Ivan Zaytsev
Immagino una rottura quasi nascosta, non fisica, nel cuore, un diramarsi di vene da un centro caduto.
Bebe Vio
Immagino una rottura netta, una sola.
Vanessa Ferrari
Immagino diverse rotture, alcune più grandi, altre meno, come continui blackout. Tagli netti, quasi scontrosi, e poi linee fluide. Un alternarsi di rotture e linee.
Questo piatto mi ha affascinato da subito, ho intuito la rottura, il calore dell’oro che un po’ si nasconde e un po’ emerge, nella sua lucente bellezza.
Una rottura netta e piccole rotture, non volevo che fosse troppo. Il restauro è un restauro tradizionale giapponese, con utilizzo di lacca urushi e polvere d’oro puro.
Il retro assorbe il fascino misterioso dell’estetica wabi Sabi.
Restauro Kintsugi, tempo di lavorazione 3 mesi. Questo è il tempo che ho dedicato alla lavorazione del vaso in porcellana cinese della metà 1700, bianco con decorazioni dipinte blu. L’oggetto era stata incollato con cianoacrilato, ho dovuto scollare i pezzi a fatica (alcuni hanno resistito a ogni tentativo); i cocci sono stati incollati con mugi urushi, una miscela di farina di riso, acqua e ki urushi
“Buongiorno e buon anno! Mi chiamo don Carlo Pizzocaro e sono parroco (da poco) di Cumiana in provincia di Torino. La filosofia del kintsugi ha per me un fascino particolare e diventa quasi una teologia se penso a questo scorrere di oro tra le crepe di qualcosa di più povero per renderlo non solo aggiustato, ma nobilitato. È una vera immagine della redenzione: LUI si è mescolato a noi per restituirci quella immagine e somiglianza che avevamo perduto. Mi piacerebbe per la Quaresima valutare la possibilità di utilizzare calice e patena realizzati con questa tecnica…ne ha mai realizzati?”
Restaurare un oggetto con l’arte Kintsugi tradizionale mi permette di incontrare storie nuove, metafore differenti, interessanti modi di vedere oltre. Don Carlo Pizzocaro, parroco di Cumiana, ha visto nell’oro che copre le crepe il messaggio di Dio, salvezza e redenzione per gli umili, per la fragilità. Il suo progetto mi ha subito entusiasmato; il nostro primo incontro è stato a Magnano, al laboratorio di ceramica dei monaci di Bose. (Ne ho scritto qualche anno fa, se vuoi approfondire puoi trovare a questo link notizie sulle ceramiche di Bose)
Abbiamo scelto, grazie anche all’aiuto del monaco ceramista Nymal, una calice e una patena che ben si accordassero; da lì ne è nata una rottura studiata, nella continua ricerca dell’armonia artistica. Il restauro è durato un mese e mezzo, per dare il tempo alla lacca urushi di polimerizzare, prendendosi il suo tempo lento, quello della fragilità che diventa forza: lacca urushi e farina di riso per incollare; lacca urushi e tonoko per le stuccature; kuro urushi per la prima rifinitura; bengara urushi per preparare la base per la polvere d’oro; polvere d’oro 24kt; finitura con leggera lacca urushi per protezione.
Quando incontro un ceramista, chiedo sempre se ha qualche oggetto imperfetto, un oggetto che ha subito dei danni in cottura, una colatura di vernice, una crepa, un danno quindi che non gli permette di metterlo in vendita. Sono questi gli oggetti che cerco per creare la mia linea “Imperfetti”.
Su questi pezzi agisco con una ulteriore rottura che riparo con l’arte originale giapponese Kintsugi, lacca Urushi e polvere d’oro.
È un procedimento lento, prezioso e delicato, che rende uniche le mie opere, proprio perché è nell’imperfezione e nelle linee di rottura la loro perfezione e unicità.