“Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro” – Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze – Lezione 3: “La lacca urushi”

Venerdì 16 ottobre, ore 20

La lacca urushi è una lacca giapponese di altissima qualità; è estratta dalla pianta autoctona Rhus verniciflua fin da tempi antichissimi.

In Cina si sono ritrovati oggetti laccati risalenti al 4000 a. C., mentre in Giappone fino a 5500 anni fa, nel periodo Jomon.

La Rhus verniciflua è una pianta decidua che raggiunge fino ai 10 metri di altezza. La linfa grezza è raccolta da piccoli tagli sul tronco da maggio a novembre; in seguito è filtrata dalle impurità e lasciata decantare in modo che l’acqua contenuta evapori completamente.

Questo procedimento di stagionatura, nayashi, serve a determinare la qualità della lacca urushi, la lucentezza, la viscosità e la trasparenza.

La linfa grezza è chiamata ki-urushi; la lacca ottenuta con la stagionatura, molto chiara, suki-urushi.
La lacca con ossido di ferro rosso si chiama bengara urushi, mentre la lacca nera si chiama kuro-urushi.

Partecipazione
Il costo d’iscrizione per ogni lezione è di € 10.
Il costo d’iscrizione per tutte e tre le lezioni è di € 20.
Per iscriversi occorre inviare una email all’indirizzo info@chiaraarte.it

Il numero massimo di partecipanti a ogni lezione è di 10 persone.

Programma delle lezioni

“Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro” – Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze – Lezione 2: “Materiali, strumenti e tecnica del restauro Kintsugi”

Giovedì 15 ottobre, ore 20

Kintsugi (kin – oro, tsugi – riparare) è una tecnica artistica di restauro giapponese per ceramiche che risale alla fine del 1400. Le rotture delle ceramiche sono incollate usando la lacca urushi, una lacca estratta dalla pianta Rhus Verniciflua, presente in Giappone.

La lacca è estratta dalla pianta nel periodo tra maggio e novembre, mediante piccoli tagli sulla corteccia: da una pianta si estraggono mediamente 200 grammi di resina.

La lacca urushi è mescolata con farina di riso o farina di grano; questa sostanza ha forti qualità adesive ma necessita di una settimana per raggiungere una buona tenuta. Una settimana in un ambiente caldo umido, detto muro.

Dopo la prima fase di incollaggio, le crepe sono stuccate con lacca urushi e polvere tonoko; di nuovo la ceramica deve essere tenuta nel muro per una settimana circa. Questa fase di stuccatura può essere ripetuta quante volte necessita fino a raggiungere un buon grado di perfezione. E sempre, ogni volta, occorrerà rimettere la ceramica nel muro.

Terminata la stuccatura e carteggiatura, sulle linee di rottura si applica a pennello la lacca urushi; tale lacca rossa viene usata per aumentare il tono caldo dell’oro che in seguito sarà sovrapposto.

Sulla lacca rossa, lasciata asciugare per mezz’ora circa, si deposita la polvere d’oro.

Tale polvere può essere oro puro 24kt, di varia grammatura o polvere d’argento (Gintsugi: gin – argento, tsugi – riparare)

Nella fase successiva la polvere d’oro è lucidata con cotone di seta, wata o con il dente d’orata, simile alla pietra d’agata per i doratori. La ceramica è messa nuovamente nel muro e lasciata per una settimana in modo che la lacca possa ancora polimerizzare e rendersi stabile. La ceramica così restaurata è riutilizzabile per la sua funzione originaria.

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“Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro” – Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze – Lezione 1: “Il contesto storico-culturale nel Giappone di fine Quattrocento”

Mercoledì 14 ottobre, ore 20

Kintsugi, letteralmente “riparare con l’oro”, è una tecnica giapponese per restaurare oggetti in ceramica. Le linee di rottura sono lasciate visibili, anzi evidenziate con polvere d’oro, così da creare un nuovo oggetto, un’opera d’arte, unica e preziosa.

La tecnica Kintsugi ha origine in Giappone nel periodo Muromachi, sotto lo shogunato di Ashikaga Yoshimasa (1435-1490). È un’epoca fertile sotto il profilo culturale, chiamata Higashiyama bunka: molte sono le arti che, importate spesso dalla Cina, arrivano in Giappone e in seguito sono trasformate dalla filosofia del buddismo Zen.

Yoshimasa amava circondarsi di artisti e poeti nel suo palazzo tempio Ginkaku-ji, a Kyoto, e fu proprio lui a far nascere la cultura del cha no yu, la cerimonia del tè, in Giappone. Le tazze tenmoku, basse e tonde, realizzate da maestri ceramisti secondo l’estetica wabi sabi, impreziosivano la cerimonia, parte fondamentale del rituale. Alla tazza era data la massima importanza: il maestro del tè la riempiva lentamente, la girava più volte, poi la porgeva agli ospiti che, dopo aver bevuto il tè, ne tessevano le lodi e la bellezza. Una di queste tazze, forse la più preziosa o quella a cui era più affezionato, cadde dalle mani di Ashikaga Yoshimasa.”

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